dott.ssa Cristina Crespi Quando incontrerai il vero amore lo capirai al volo, sentirai le farfalle nello stomaco, il tempo si fermerà e non sarete nient’altro che voi. Per sempre. Questa apologia del colpo di fulmine - forse, ribadisco, FORSE - è stata letta sospirando dai più giovani tra voi ma chi ormai si è già buttato alle spalle qualche decennio di primavere avrà - SICURAMENTE - sorriso dopo aver facilmente colto una malcelata ironia. Purtroppo le nostre concezioni e percezioni sul “vero amore” sono da sempre fortemente condizionate dagli stereotipi di amore romantico e senza fine che ci propongono in continuazione nei film, nelle serie tv e addirittura nei film animati per bambini. Di recente, anche gli amori social sono diventati oggetto di adorazione irrazionale da parte dei followers che osservano la realtà propinata quotidianamente dalle coppie, vere o presunte tali, di influencer che “seguono”. La realtà social viene troppo spesso osservata in modo compulsivo, per poi essere inesorabilmente paragonata alla vita reale in un confronto che, per forza di cose, si rivelerà perdente e alimenterà sentimenti di ansia, frustrazione e, talvolta, rabbia. Il romanticismo estremo propugnato nel mondo dello spettacolo è funzionale all’ideazione di storie adatte all’intrattenimento, piacevoli e belle da guardare ma che creano, in assenza di una controparte veritiera, irrealistiche aspettative che poi si scontrano inevitabilmente con una realtà molto più “banale” ma proprio per questo “vera” e degna di essere vissuta. E lo stesso si può dire sulla realtà fintamente romantica che ci viene mostrata ogni giorno su Facebook e altri social, ambienti in cui andrebbe innanzitutto sempre tenuto ben presente il non marginale dettaglio che la realtà che osserviamo scrollando su Instagram è già di per sé “fake” poiché non immediata - come vogliono farci credere - bensì mediata dal filtro dello strumento tecnologico utilizzato, inoltre è anche spesso disegnata a tavolino svariati mesi prima da team di social media manager appositamente pagati per mettere in piedi “la favola” al fine di aumentare engagement e interazioni* (*da leggersi: guadagni). E anche per quel che riguarda le coppie “normali”, chi tra noi conosce una coppia eccessivamente smielata nei post su Facebook che poi, nella realtà, litiga dalla mattina alla sera… alzi la mano. Ok grazie. Abbassatele tutte. Penso di aver reso l’idea. Il vero amore, l’amore “reale”, non è fatto di frasi romantiche e grandi gesti plateali, al contrario, si basa sul rispetto quotidiano, la fiducia, l’empatia e la comprensione reciproca. A tal proposito, trovo estremamente veritiera la visione “triangolare” dell’amore proposta negli anni Ottanta del Novecento dallo psicologo statunitense Robert Sternberg, secondo cui l’amore nasce da una sinergia di tre elementi: passione, intimità e impegno. La componente della passione non sto a spiegarvela, è proprio quello a cui pensate. L’intimità riguarda invece tutto quell’insieme di sentimenti quali ad esempio condivisione, connessione, confidenza e affinità tra partner: è quell’aspetto che banalmente potremmo definire il sentirsi “speciali l’uno per l’altro”. La componente dell’impegno si riferisce invece all’amore razionale, quello che scaturisce dalla scelta iniziale di volersi “impegnare” di proposito con qualcuno e continua con la scelta deliberata di mantenere nel corso del tempo la relazione con il partner, di nutrirla e accudirla, per non farla sfiorire. Queste tre componenti dell’amore sono inseparabili e interattive e, solo nel caso in cui esse siano presenti in modo equilibrato e simultaneo in un rapporto, secondo Sternberg, si potrà allora a buon diritto parlare di “Amore Autentico”, in altre parole: Perfetto. Un amore “sano” trova le sue fondamenta in primo luogo nell’amore per sé stessi che va poi accompagnato da una buona dose di maturità; è un amore che nulla toglie all’individualità dei singoli componenti della coppia bensì li arricchisce vicendevolmente facendo scaturire un sentimento di sicurezza e completa reciprocità. In mancanza di amor proprio, ossia rispetto per sé stessi, per le proprie esigenze, tempistiche e desideri, il rischio dietro l’angolo è quello della dipendenza affettiva, una situazione in cui la sensazione è quella di vivere per l’altro e, soprattutto, solo ed esclusivamente in funzione dell’altro, come se i nostri bisogni e necessità non avessero diritto di esistere o non fossero degni di attenzione. Amori romanzati, immaturi, basati sul tentativo di compensare i vuoti appoggiandosi in maniera totalizzante al partner non potranno che condurre verso situazioni estremamente complicate da gestire nel lungo periodo poiché dare in mano a qualcun altro le redini della nostra vita non è mai una buona idea. Freud definiva l’amore come un sentimento così profondo e pervasivo da poter essere paragonato a una psicosi durante la quale diventiamo estremamente vulnerabili proprio perché perdiamo di vista il senso del reale. In effetti, soprattutto nelle fasi iniziali di una storia d’amore la passione e l’infatuazione reciproca ci portano spesso a considerare il partner come un essere “ideale”. Spesso, durante l’innamoramento, il contatto con la realtà si indebolisce e avvenimenti e persone ci appaiono differenti da come effettivamente sono. Il tempo però, inesorabile, fa lentamente il suo corso, e quando le emozioni forti dei primi tempi iniziano a scemare, ecco che emergono i primi contrasti, le prime incomprensioni. È in questo momento che ritroviamo davanti a noi una persona reale, con dei pregi ma anche molti difetti, ben lontana dall’essere ideale con cui pensavamo di stare e che, tuttavia, volendo essere puntigliosi, nella realtà non è mai davvero esistito. Davanti alle prime differenze, alle prime divergenze, le scelte sono fondamentalmente due: si può scappare e ricominciare da capo con qualcun altro, ipoteticamente più affine a noi, oppure, se il rapporto parrebbe mostrare buone basi di partenza, potremmo decidere di impegnarci a coltivare il seme del sentimento iniziale, ben consapevoli che la perfezione non è di questo mondo, né di questo partner, né del prossimo. Oltre al rispetto per sé stessi e per l’altro, buone capacità comunicative e di ascolto, unite a una gran dose di empatia sono le basi su cui fondare un rapporto d’amore destinato a crescere e durare nel tempo. A tutto ciò qualsiasi coppia “longeva” aggiungerebbe con un sorriso altri due ingredienti: pazienza e compromessi quotidiani. Concordo con questa visione perché, a mio avviso, va sempre tenuto ben presente che una coppia è sicuramente un’unità ma tale unità è composta sempre e comunque da due persone, due persone che hanno indubbiamente molti punti in comune ma che, giustamente, mantengono la propria individualità fatta di opinioni, pensieri e sentimenti differenti che, talvolta, entrano in conflitto. Tuttavia, il confine tra pazienza/compromessi funzionali al mantenimento di un rapporto sano e rassegnazione/sopportazione infinita per non sconvolgere una routine ormai consolidata è davvero labile. Nel momento in cui ci si dovesse rendere conto che il rapporto di coppia che stiamo vivendo ha mancanze tali da compromettere il benessere di uno o di entrambi e soggetti coinvolti, che la sopportazione infinita è diventata il leitmotiv delle nostre giornate, è opportuno riflettere con consapevolezza sul da farsi al fine di evitare quella spiacevole sensazione di insoddisfazione crescente che conduce talvolta, se perpetuata nel tempo, al baratro della depressione. Occorre avere la forza di reagire, di chiedere anche magari aiuto a un professionista al fine di comprendere se vale ancora la pena “andare avanti” o sia il caso di gettarsi il passato alle spalle. Il tutto, ovviamente, mantenendo sempre come solido punto di partenza il rispetto per sé stessi e per il partner, in nome dell’amore che un tempo ci ha unito.