Di Giacomo Lipsi In tema di dipendenze patologiche, fra le più diffuse ed emergenti si sta ponendo sempre più l’attenzione sull’uso derivato dall’eccessiva e smoderata abitudine legata alla tecnologia digitale. Infatti, tra le nuove dipendenze possiamo annoverare: il Gioco d’azzardo patologico, la Dipendenza da TV, da Internet, lo Shopping compulsivo, le Dipendenze dal sesso e dalle relazioni affettive, le Dipendenze dal lavoro e alcune devianze del comportamento come l’eccesso di allenamento sportivo (detta anche “Sindrome da sovrallenamento”). Il concetto è sempre lo stesso; citando Paracelso nel XVI secolo > - dal latino “E’ la dose che fa il veleno”- bisogna stare molto attenti alla distinzione tra uso e abuso, tra abitudine e dipendenza. Quando parliamo di dipendenza? Paragonando la sostanza d’abuso in termini di tecnologia digitale, un campanello d’allarme può essere rappresentato dalle nostre azioni, ovvero dal bisogno compulsivo di assumere la sostanza in modo continuativo o periodico, allo scopo di provare i suoi effetti benefici sulla psiche o talvolta, già solo al fine di evitare il malessere derivante dalla sua privazione. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) descrive la dipendenza patologica come quella condizione psichica e talvolta anche fisica, causata dall’interazione tra una persona e una sostanza tossica, esitando in una interazione compulsiva. L’Internet Addiction Disorder (IAD), ha riscosso un’elevata attenzione da parte della comunità scientifica, dato l’espandersi esponenziale delle tecnologie digitali. Per la prima volta, la quinta edizione del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, detto anche DSM-5, ha compreso insieme ai disturbi da uso di sostanze, anche il Disturbo da gioco d’azzardo (che non è correlato all’uso di una sostanza), nonché i criteri diagnostici per il Disturbo da gioco su internet, derivate dall’uso di tecnologia digitale. Difatti, vi è comune accordo sulla possibilità sviluppare pattern analoghi alle dipendenze da sostanze, con comparsa di tolleranza, craving e assuefazione. Parliamo di un fenomeno trasversale interessando non solo gli adolescenti, ma in grande misura anche adulti ed anziani, traducendosi in relazioni virtuali e gioco online (d’azzardo e non) con il rischio di compromettere le relazioni sociali, trascurando ambiti personali, familiari o professionali. A tutt’oggi non si conoscono bene le cause che determinano l’insorgenza dell’IAD, seppur si può ipotizzare l’esistenza di un disequilibrio neurobiologico tra il sistema della serotonina e quello della dopamina, mediatori fondamentali per la regolazione dei comportamenti come la disinibizione comportamentale e il meccanismo alla base del circuito del piacere/gratificazione, curiosità, ricerca delle novità. Quello che si è capito è che i livelli di dopamina possono aumentare non solo in seguito all’assunzione di alcool o di sostanze stupefacenti, ma anche in associazione al gioco d’azzardo o all’utilizzo di tecnologia digitale, con lo stesso effetto finale riverberante sul circuito della gratificazione. Moderni studi di neuroimaging funzionale hanno mostrato anomalie cerebrali che si traducono in riduzione della densità della materia grigia attraverso la comparazione di immagini di risonanza magnetica strutturale ad alta risoluzione in aree cerebrali responsabili di modulare il comportamento emotivo. Questi cambiamenti sono ben evidenti soprattutto negli adolescenti, spiegando le caratteristiche cliniche psicologiche dei soggetti affetti da IAD e i loro disturbi, comportamentali ed emotivi, con aumento dell’impulsività e compromissione delle capacità cognitive (Vedi Figura). La Dipendenza da internet (IAD) si potrebbe altresì introdurre in un contesto più ampio, instaurata su carenze emotive deficitarie di base che rendo un soggetto più esposto e quindi, a maggior rischio rispetto ad altri. Per tale motivo, gli individui predisposti per l’IAD avrebbero difficoltà a sperimentare normali livelli di piacere in attività che la maggior parte delle persone troverebbe gratificanti e proprio in virtù di ciò, per aumentare il senso del piacere, queste persone ricercano molto probabilmente un maggior coinvolgimento emotivo nel mondo del virtuale. In questo modo, ottengono effettivamente una maggior gratificazione, ma con il passare del tempo, queste alterazioni tenderebbero a cronicizzarsi, costruendo una nuova e anomala risposta adattativa e reiterante allo stimolo “digitale”. Tale comportamento compulsivo si traduce in sintomi fisici molto simili a quelli manifestati dai tossicomani in crisi di astinenza. Per questo motivo, si parla di “Personalità vulnerabili” in riferimento ad individui con bassa autostima, difficoltà sociali, marcata sensibilità interpersonale. Non a caso si associano disturbi d’ansia, dell’umore, del controllo degli impulsi, commisti a tratti ossessivo-compulsivi e/o tendenti al ritiro sociale. Allo stesso modo, la IAD potrebbe spiegarsi come un comportamento di evitamento tramite il quale non affrontare le proprie problematiche esistenziali: una zona, seppur anomala, ma di confort. Anche in questa patologia, svolgono un ruolo fondamentale i fattori ambientali, quali la crescente disponibilità di PC e di intrattenimenti offerti da Internet, ma anche eventi di vita sfavorevoli come esperienze traumatiche, abusi sessuali, fisici o emotivi, esperienze di negligenza emotiva e fisica. Tutto questo finisce col rafforzare l’idea che internet sia una via di fuga o di sfogo, un mondo parallelo ove coperti dall’anonimato viene consentito auto-attribuirsi specifiche fisiche e caratteriali, spesso distanti da quelle reali che a volte neanche molto velatamente, finiscono col proteggere la persona sofferente. Analizzare il problema nella sua totalità e complessità prevede la possibilità non solo di associare specifici trattamenti farmacologici, ma anche interventi di psicoterapia che possano portare alla luce meccanismi inconsci che inavvertitamente hanno condotto a rincorrere esperienze disadattative, verso una nuova visione della realtà. Per questa ragione è necessaria una rielaborazione psicologica dei propri vissuti con la ripresa di un soggettivo percorso di sviluppo che in ottica evoluzionistica della attuale società, paradossalmente si è fermato proprio nella persona sofferente. La Dipendenza da Internet (IAD) definita come l’incapacità di una persona di controllare l’utilizzo di tecnologia digitale pone conseguenti disturbi nell’area affettiva, sociale e lavorativa
Medico Psicoterapeuta
Spec. in Psichiatria pressi "Polic. Riuniti" di Foggia
Co-fondatore del Centro di Psicoterapia "Essere Sè"